Riceviamo e pubblichiamo queste informazioni da Cyber Lex, società italiana specializzata nella cancellazione di notizie negative da Google. Gli Avvocati di Cyber Lex cooperano con uno staff di consulenti informatici per “tenere a bada” le informazioni pilotate ed obsolete sui motori di ricerca ai sensi delle nuove Leggi sul Diritto all’Oblio.
Il Diritto all’oblio giunge nelle aule della Suprema Corte di Cassazione. Con ordinanza recente i giudici di Piazza Cavour hanno infatti investito le Sezioni Unite dell’annosa questione del corretto bilanciamento tra Diritto di cronaca e Diritto all’oblio, al fine di delimitare una volta per tutte i limiti tra questi due diritti – sempre più – contrapposti tra loro.In realtà, il diritto alla cancellazione delle informazioni personali da internet ha ottenuto un primo riconoscimento normativo lo scorso 25 maggio, con la tanto attesa diretta applicabilità del Regolamento UE/679/2016 in materia di privacy e protezione dei dati personali (meglio noto come G.D.P.R., General Data Protection Regulation). In passato, l’oblio era stato riconosciuto solo nelle aule giudiziarie e, soprattutto, in quelle della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, dove per la prima volta è stato coniato il diritto ad essere dimenticati dalla rete nella ormai storica sentenza Costeja (causa C-131/12). In tale occasione i Giudici europei hanno riconosciuto a tutti i cittadini – europei e non – il Diritto all'oblio dei dati personali presenti sui motori di ricerca internet e, conseguentemente, il diritto di richiedere ai siti web l'indicizzazione, la cancellazione nonchè la anonimizzazione di tali dati e dei collegamenti ad informazioni che possono creare loro un danno o che, inoltre, non risultano più attuali.
Lo stesso orientamento è stato poi avallato anche dalla nostra giurisprudenza nazionale; la Corte di Cassazione si è infatti più volte pronunciata sull’argomento, individuando di volta in volta sempre più elementi utili per la corretta identificazione del Diritto ad essere dimenticati dalla rete (si pensi al grande clamore ricevuto quest’anno da una pronuncia di accoglimento della richiesta di rimozione di notizie obsolete e negative avanzata da un noto cantautore italiano). La questione che da sempre mina il diritto alla rimozione dei contenuti negativi dal web è però rappresentata dal rapporto con l’opposto diritto di cronaca giornalistica, i cui confini applicativi delimitano appunto l’ambito di operatività dell’oblio. Al fine di arginare lo scontro tra i diritti del singolo e quelli invece imputabili alla collettività, negli anni si è tentato di individuare dei criteri utili per delimitare le ipotesi in cui l’interesse pubblico alla conoscibilità di una notizia debba prevalere sulla riservatezza del singolo cittadino. Questi tentativi – sia a livello legislativo che giurisprudenziale – sono poi confluiti nel testo del G.D.P.R., nel quale viene fatto tesoro dei precedenti orientamenti. In particolare, il trattamento in rete dei dati personali che violi l’interesse del loro titolare deve ritenersi giustificato qualora vi sia un concreto interesse pubblico alla loro conoscibilità, ovvero quando le informazioni diffuse siano attuali e/o riguardanti un personaggio pubblico (anche se su quest’ultimo punto si concentrano i maggiori dubbi interpretativi).
L’eccessiva genericità di tali criteri non ha permesso finora di poter delimitare in modo accettabile i confini tra il diritto d’oblio e il diritto di cronaca. Questo è il motivo per cui si è reso necessario – oltre che urgente – un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, che dovrebbero una volta per tutte fornire delle valide linee guida per riuscire correttamente a contemperare gli interessi – opposti ma pur sempre connessi – della collettività e del singolo utente in rete.